Visioni e contaminazioni tra Oriente e Occidente in sintonia con Carlo Scarpa.
La mostra a cura di Francesca Valente espone oltre trenta immagini.
Si tratta di fotografie della produzione più recente dell’artista Ljubodrag Andric, che ha realizzato gli scatti prevalentemente in alcune città della Cina, a San Francisco e a Miami, con qualche incursione in Canada (paese in cui risiede) e in Europa, segnatamente a Berlino e Venezia.
Le fotografie di Ljubodrag Andric, stampate in un ampio formato che assorbe l’interezza del campo visivo, non includono mai la presenza della figura umana. Le sue visioni si soffermano su architetture riprese frontalmente, esaltando la fissità metafisica delle pareti e l’orizzontalità delle linee che proseguono oltre i margini dell’immagine. Sono muri nudi, ma non muti.
Campiture di colore dispiegate verso una nozione di pittura astratta, che però accorciano repentinamente le distanze dalla realtà non appena l’occhio dell’osservatore intuisce la presenza di un dettaglio concreto: la colatura di umidità, l’imperfezione del cemento, la crepa, il ciuffo d’erba, la maniglia di una porta laddove lo sguardo non la attendeva.
I paesaggi urbani di Andric recano la traccia interiore, in assenza, di chi li ha edificati e di chi attende di abitarli. Interpellano lo spettatore e lo invitano a entrare in uno spazio di relazioni potenziali. E il dialogo che queste immagini generano non può che prendere spunto dallo spazio che ospita la mostra, ovvero la Fondazione Querini Stampalia, luogo di uno dei più celebri interventi di Carlo Scarpa.
Come sottolinea Francesca Valente, curatrice della mostra e già direttore degli Istituti italiani di cultura di San Francisco, Toronto, Vancouver, Chicago e Los Angeles: “Nel contesto della Fondazione Querini Stampalia, Andric dialoga con Carlo Scarpa in una dimensione sospesa fra oriente e occidente, intrinseca alla città lagunare. E il suo sguardo si sofferma in particolar modo sul giardino, luogo ideale per un viaggio interiore, ancora in parte da intraprendere. Si realizza così un percorso di efficace sintesi emotiva il cui approdo è una identità personale stratificata, composita, fatta di suggestioni e ricordi, sedimentazioni, citazioni e riverberi paradossalmente remoti e quotidiani, antichi e contemporanei”.
Anche Tobia Scarpa, architetto come il padre Carlo, nel testo scritto per la pubblicazione che accompagnerà la mostra, si sofferma sul potenziale dialogico delle fotografie esposte: “nelle fortissime immagini di Ljubodrag Andric […] l’indagine sulla forma e sul retaggio umano, che emerge senza presunzione, invoca chi guarda a una riflessione in cui si annodano molti quesiti”